Il topo del sottosuolo

Pubblicato: 27 gennaio 2020 in teatro
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Il topo del sottosuolo, in scena al Teatro Basilica di Roma dal 24 al 26 gennaio, ben si presta alla moderna etichetta di spin-off dell’opera Delitto e Castigo di Fëdor Dostoevskij. Si concentra infatti su un personaggio non primario ma comunque importante del romanzo, Svidrigajlov, innamorato di Dunjia, sorella del più celebre Raskol’nikov. Da qui partono gli autori Mino Manni e Alberto Oliva per estrapolare e fare proprie le avventure di Svidrigajlov, protagonista indiscusso di un monologo fiume che tutto trascina e travolge. Vita, morte, amori, lussuria, fino all’inevitabile perdizione. Eccolo lì, seduto in un bar di Pietroburgo appena rischiarato da qualche candela. A fargli compagnia, le avventrici del posto: inconsapevoli spettatrici che, prese a caso tra il pubblico, ne assecondano le confessioni da un punto di vista certo privilegiato. Mentre lui, una furia sul palcoscenico, ride, annega nel vino, cade a terra, si rialza, impreca, si trova e si perde. Spicca allora il contrasto tra il lino candido del suo completo e la cupezza del suo animo: una macchia di colore che ci cattura e stordisce. Interpretazione violenta ed evidentemente sentita, assecondata da una regia sapiente ed essenziale che sa avvalersi, al momento giusto, di inserti video e richiami musicali. Una discesa senza scampo negli abissi del proprio io che, ancora oggi, ci riguarda da vicino, se è vero che quelli di  Dostoevskij sono temi universali. Si aggiunga che, in chiusura, ad applausi già meritatamente raccolti, i due autori, non nuovi a un confronto con l’opera del genio russo, si sono intrattenuti con il pubblico per un’esegesi dell’opera. Gradita quanto inattesa, sincera quanto appassionata. A confermare – come già fu per quel Madame Bovary, c’est moi! di flaubertiana memoria, Dostoevskij c’est nous!

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